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L'Etica nello Sport e il Calcio Moderno: Un Appello alla Meritocrazia

Calcio
L'Etica nello Sport e il Calcio Moderno: Un Appello alla Meritocrazia
L'etica nello sport rappresenta un pilastro fondamentale per la tutela della salute e del benessere degli sportivi, sia professionisti che amatoriali, e per la credibilità dello sport stesso, tanto auspicata dalla popolazione. Il principio centrale dell'etica sportiva è regolato dal Codice di Comportamento Sportivo, che delinea i doveri fondamentali di lealtà, correttezza e probità dei regolamenti del CONI, delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva e delle associazioni benemerite.
L'etica sportiva può essere definita come un insieme di norme e valori che regolano il comportamento dell'uomo in relazione agli altri. Funziona come un criterio che permette di giudicare i comportamenti propri e altrui rispetto al bene e al male.


Le 10 Regole del Fair Play:
  1. Concorrenza leale
  2. Spirito di squadra
  3. Uguaglianza
  4. Sport senza doping
  5. Rispetto
  6. Amicizia
  7. Rispetto delle regole scritte e non
  8. Integrità
  9. Tolleranza
  10. Solidarietà
Questi elementi costitutivi del fair play devono essere appresi sia dentro che fuori dal campo.
Nel calcio moderno, soprattutto nei vivai dei settori giovanili dilettantistici, spesso non manca la presenza di idee o progetti, ma è carente la gestione delle società stesse. Ci sono individui che si improvvisano presidenti, direttori tecnici o direttori sportivi, senza avere le competenze adeguate o le necessarie conoscenze, due aspetti molto differenti tra loro. Le persone giuste e competenti sono spesso considerate scomode e non manipolabili nelle piccole realtà, dove tutto ruota attorno a conoscenze e amicizie legate magari a sponsor, che senza merito trovano posto nell'organico della società e prendono decisioni che penalizzano allenatori e giocatori.
Oggi più che mai, è fondamentale scegliere persone che non facciano perdere credibilità alla società, ma che la facciano acquisire. La parola "meritocrazia" sembra non trovare spazio nel vocabolario italiano, mentre esiste ben più diffusa la pratica della raccomandazione. Fino a dieci anni fa, si giocava o si allenava in una società perché si era bravi; la meritocrazia era ancora un valore presente. Ora, non più.
Le società, soprattutto quelle dilettantistiche dove il nepotismo è inutile perché non esiste lucro, affermano di non essere interessate alla classifica o al risultato, ma piuttosto al bene del ragazzo, cercando di valorizzare i più meritevoli per indirizzarli al professionismo. Tuttavia, i ragazzi spesso subiscono pressioni a causa di scelte sbagliate e preferenze palesi, con lo scopo di eliminare soggetti scomodi per motivi personali, non tecnici o tattici, rivelandosi poi proprio questi i profili più talentuosi della squadra.
Inoltre, dieci anni fa, gli esoneri e le non convocazioni a livello giovanile erano rarità. Attualmente, certi pseudo direttori, nominati presidenti e poco esperti, riescono a esonerare anche gli allenatori degli allievi per motivi tecnici, oltre a gestire in modo discutibile il budget a disposizione, esonerando e non convocando giocatori per futili motivi. Un tempo non lontano, il calcio era più divertente e chi meritava giocava, altrimenti stava in panchina. Oggi, è necessario più meritocrazia e meno nepotismo.

Conclusione
È imperativo riscoprire i valori fondanti del fair play e dell'etica sportiva, ponendo al centro la meritocrazia e riducendo il nepotismo, per restituire al calcio quella credibilità e integrità che ne costituiscono l'anima. Solo così sarà possibile garantire un futuro radioso e autentico per lo sport e per i giovani atleti che ne sono il cuore pulsante.
Nota: Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale.
Created by Roberta Rossi
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